Molte volte l'ermetica poesia è chiara, forse, solo nella mente di chi ha creato quella fantasia, dettata da un fantasma evanescente. Se potesse egli usar la cortesia, in nota, di spiegar sommariamente ciò che c'è dietro quella sua grafia, farebbe cosa grata e conveniente. Nessun lettore, infatti, ha la magia per capire il messaggio veramente e, dopo un po' di tempo, bizzarria può sembrar la poesia pure al mittente.
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Marco G. Maggi
- 07/12/2018 16:41:00
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Intanto metterci il cuore, fino in fondo, come dice LArbaléte! Il rischio di una poesia eccessivamente criptica, piena di paroloni, è proprio quello di intorbidire lafflato poetico a favore di bizantinismi celebrali. Condivido il pensiero, e anche la passione giovanile per linguaggi più ricercati ed ermetici, caro Antonio, e ti ringrazio per questa tua.
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Marco G. Maggi
- 07/12/2018 16:39:00
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Intanto metterci il cuore, fino in fondo, come dice LArbaléte! <il rischio della poesia eccessivamente criptica, piena di paroloni, è proprio quello di intorbidire il vero afflato poetico in favore di bizantinismi celebrali. Condivido il pensiero, e anche la passione giovanile per linguaggi più ricercati ed ermetici, caro Antonio, e ti ringrazio per questa tua.
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L’Arbaléte
- 02/11/2018 21:52:00
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https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=266&Tabella=Proposta_Articolo
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L’Arbaléte
- 02/11/2018 21:39:00
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... che anche a chi possiede... Ma pure che anche ha.
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L’Arbaléte
- 02/11/2018 21:36:00
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Ma state ancora a discettare di trobar clus e trobar leu? Ma che è il sito di Raimbaut dAurenga e di Giraut de Bornhel, anziché quello dei Cercatori dOggi? Ma non si chiama LaRecherche? Quanto a Mallarmé, era indubbiamente il più enigmatico, ermetico ed incompreso dei padri fondatori di quel che, da epigoni di un malinteso, si bignaminizza ciranninicamente, in barba al fatto che, per esempio, un fanciullo dalle suole di vento, fosse già a quattordici anni un poeta parnassiano "finito" e annoiatissimo dai propri stessi perfetti esametri latini e dagli spigolosi alessandrini... Al punto da comporre anche dei chiarissimi sonetti, che anche ha chi possiede solo le vocali imparaticce ed i pastelli colorati di una scuola dellobbligo siciliana, risultano comprensibili pure se non discende da un notaio di Lentini...
"Mens rimbaldi est simplicissima!". Così in prefazione a una sua bellissima traduzione, il compianto Ivos Margoni... Giusto per straparlare di traduzioni, per dire poi che niente, che sia umano, è impossibile o precluso a chi è umano... Intanto metterci il cuore!
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Antonio Terracciano
- 02/11/2018 18:40:00
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Ciò che Lorenzo ha scritto nel suo ultimo intervento corrisponde davvero al mio pensiero, ma (sperando anche di chiarire parzialmente i dubbi di Pizzo) vorrei aggiungere un particolare che forse nemmeno Lorenzo conosce. Come non cè nessun nemico peggiore per un fumatore, per un bevitore o per un comunista che, rispettivamente, un ex fumatore, un ex bevitore o un ex comunista, così io, in questa poesia, con toni che ad alcuni possono essere apparsi troppo esagerati o addirittura sarcastici, me la sono presa con gli ermetici proprio perché, da giovane, anchio sono stato, talvolta, uno (pseudo) ermetico (prima di criticare gli altri, cerco sempre di criticare me stesso) . Attorno ai ventanni di età scrissi un centinaio di poesie, molte in mediocri versi liberi, e alcune anche quasi ermetiche. Ne ho ritrovata una (per fortuna mai pubblicata! ) in un mio vecchio quaderno, "Metropolitana" , scritta forse nel 1971 . Fa così: "Alla luce degli occhi / disseccata passa / lultima locomotiva" . Mi ricordo che mi trovavo, quasi a mezzanotte ormai, a Napoli, alla stazione di Piazza Garibaldi, quando vidi passare probabilmente lultima metropolitana dellattuale "linea 2 " . Forse il senso mi fu chiaro per qualche giorno, ma poi non sono più riuscito a capire perché mai quella locomotiva mi sembrasse proprio "disseccata" !
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Salvatore Pizzo
- 02/11/2018 16:39:00
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Anzitutto un saluto a Ferdinando che mi è assai cara persona. Di lui ho limmagine di gran signore. Poi anche a Lorenzo che ha, generosamente, inteso rispondere alla mia domanda posta allautore dei versi in questione. Poesia che ho gustato assai. E debbo chiarire un aspetto, sempre che mi sia concesso, riguardante la mia domanda: essa non mi si è accesa tanto dalla poesia in sè, poichè lho colta come espressione dironia rivolta ad un certo scrivere, quello dettato dalla vanagloria di certi poeti. E questo ci sta benissimo. Ci si becca il contropelo e, se ci si ha la coda di paglia, ci si può anche impelagare nel tentativo di spiegare i propri versi "ermetici". Bensì è stato proprio il commento di Lorenzo, a farmi sorgere la domanda: perchè un poeta deve spiegare la propria opera? Ma ne sarebbe davvero capace? E poi aggiungerne spiegazione in calce allo scritto per schivare l"accusa" di ermetismo... Non so, non saprei. Accetto anche che si faccia un discorso dallaria un posnob, a mio modestissimo parere, criticando la "canea"di poeti dogni sorta che si accaniscono a uggiolare componimenti, riversandoli in rete. E naturale, come è anche naturale sentirsi sopraffatti da questa"democrazia virtuale" che concede ad ognuno di dire la propria. Però mi vien da pensare che, non si può pretendere da altri, ciò che noi non siamo in grado di dare di nostro.
In genere mi ritrovo a leggere di tutto, a ciò che mi piace o mi ispira, provo a lasciare un commento, una lettura mia personale, che non vuole essere il significato o linterpretazione della volontà dellautore, bensì espressione del mio gradimento ed interesse per lopera. Ciò che non ritengo cosa a me comprensibile e pure refrattaria, la tralascio, andando oltre. Anche perchè non si può commentare ciò che non si sente o non se ne ha comprensione. Ma ciò non vuol dire che non possano avere una loro dignità poetica. Di sicuro, data la mia scarsissima conoscenza e i miei ancor più ridotti strumenti, sono io a non avere gli strumenti e la sensibilità per entrarci. Spero che mi si possa perdonare tutto questo eloquio, meglio, sproloquiare, esso non ha altro oggetto che la comprensione. Ovvero la comprensione di cosa possa essere definito ermetico o meno. E se basti una nota esplicativa a piè di pagina, per togliere a questa cosa lalone di ermetismo che la "declassa". E per questi motivi suddetti che, ad un certo punto, ho sentito ermetici i versi del carissimo Antonio: perchè mi sfuggiva il senso per cui si abbia a scrivere, per dire di qualcuno che deve spiegare il proprio sentire, affinchè si possa comprenderlo. Ed essendo io soltanto un umile apprendista che tratta di imparare il mestiere, cercavo di capire se davvero, un poeta, è in grado di spiegare il prodotto della propria anima. Un caro saluto anche ad Antonio, ringraziandolo vivamente anche per la dissertazione così interessante ed istruttiva, di certo molto preziosa per me che non ho retroterra culturale così ricco, oltre che per la pazienza.
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Lorenzo Tosco
- 02/11/2018 10:30:00
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Intervengo io per dare una spiegazione alle tre quartine di Antonio Terracciano e così rassicurare Salvatore Pizzo sui motivi che credo hanno determinato quella poesia. Antonio ha voluto esprimere il suo preciso pensiero, che consiste in questo, al di là delle interpretazioni che vengono date: con lavvento di internet e la possibilità che questa permette, una pletora di persone che altrimenti non avrebbero neppure saputo cosè una poesia, affascinati dal moderno mezzo e trovando innumeri siti di poesia, ha voluto esprimere il suo pensiero ed ha riempito questi portali di versi astrusi e senza senso, avendo un concetto di poesia ben sottozero (anzi non avendolo affatto) e non essendo minimamente poeti nellanimo, pensando che, siccome le loro sciocchezze trovano soddisfazione ed anche lauti commenti da chi di poesia sintende meno di loro, si possa spaziare nella lirica scrivendo versi assolutamente assurdi e a caso, che non sanno spiegare neppure loro cosa vogliano dire. E lasciamo perdere il cortese pensiero secondo cui "lermetica poesia è chiara, forse, nella mente di chi ha creato quella fantasia." Io sono sicuro di no, se si ha in mente un concetto chiaro, è possibilie esprimerlo e non è necessario esporlo in tali inutili assurdità. Antonio ha voluto scrivere questo a titolo di cortesia? Non posso saperlo, però credo che quello che ho riportato sia in gran parte il suo pensiero.
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Ferdinando Battaglia
- 01/11/2018 21:37:00
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Grazie, Antonio, del tuo commento: ben scritto e ricco di note storico-letterarie utili a chi, come me, ha poca cultura di base. Mi è piaciuta molto la tua esposizione, seppur breve, è godibilissima.
Un saluto
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Antonio Terracciano
- 01/11/2018 19:56:00
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Siamo qui di fronte a due diverse concezioni della poesia. Sono andato a rileggere, dopo quasi cinquantanni, la presentazione di Ruggero Jacobbi alle "Poesie" di Rimbaud (ed. "Nuova Accademia" , Milano) , libro comprato alla fine del 1969, quando avevo diciottanni, deducendo che forse è sbagliato parlare ancora di "poesia" , al singolare, perché è da quasi un secolo e mezzo che ce ne sono (almeno) due. Tutto cominciò con la morte di Baudelaire, lunico, secondo Jacobbi, a possedere "due poli (uno tutto esistenziale e laltro tutto estetico) " . Dopo la morte di Charles, il polo esistenziale passò nelle mani di Rimbaud ( "oppio, haschisch, esotismo, erotismo sfrenato, vagabondi, prostitute" ) e quello estetico nelle mani di Mallarmé ( "gioielli, noia quotidiana, arcaismo aristocratico, ascesi e soprattutto la metrica, lossessione musicale" ) . Noi poeti moderni, secondo me, siamo modestissimi continuatori di Rimbaud (la maggior parte, almeno in questo sito) o di Mallarmé (nel cui più ristretto gruppo pongo me stesso e Lorenzo, ad esempio; e penso che gli ermetici, poi, possano appartenere ad entrambi i gruppi) . Pare, secondo Jacobbi, che Mallarmé abbia poco stimato Rimbaud (limitandosi a definirlo un "passant considérable" ) , dato che per Stéphane esisteva soltanto il verbo poetico ( "perciò Mallarmé muore col rimorso dellopera incompiuta, Rimbaud vive col rimorso daver scritto, invece daver semplicemente agito" ) . Centanni dopo la morte del latino, in Europa occidentale i popoli erano probabilmente convinti di parlarlo ancora (gli uni meglio degli altri) , non accorgendosi che stavano già impiegando il francese, il castigliano, il portoghese, litaliano, il rumeno arcaici... Così ora, forse, ognuno pensa ancora di scrivere la Poesia (con la "p" maiuscola) , mentre sta in realtà impiegando forme espressive ben diverse (da quelle di una volta e luna rispetto allaltra... )
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Ferdinando Battaglia
- 01/11/2018 19:01:00
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Dal mio punto di vista, Salvatore ha centrato la questione: la poesia, ma direi larte in genere, non utilizza il linguaggio in funzione primariamente denotativa ovvero non ha la preoccupazione di infornare o comunicare, ma semmai di esprimere ciò che, con altri usi del linguaggio, non sarebbe esprimibile; altro è invece linautenticità (soffici però da stabilire in termini oggettivi) che può però riguardare sia gli "ermetici" che i "poeti in chiaro". Infine, credo non si possa racchiudere in poche forme il potenziale poetico, destinate invece ad un pluralismo espressivo, che è sia la sua ricchezza sia la nostra (di esseri umani).
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Salvatore Pizzo
- 01/11/2018 17:48:00
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Volendo spezzare una lancia in favore degli autori dai testi definiti"criptici": Mi si perdoni, ma trovo decisamente ermetico questo testo, al punto di sfuggirmi il pur minimo significato. Volesse lautore spiegarmene la ragione profonda, non dico quella che lha spinto a stenderlo in forma poetica; ma, piuttosto, quella che gli fa ritenere necessario dovere dedicare proprio dei versi a certi "poeti" che, di loro, scrivono poesia a suo parere incomprensibile, gliene sarei infinitamente grato. E non me ne voglia, per carità, se gli chiedo spiegazione per i suoi versi. Eche non comprendo il perchè si debba scrivere una poesia per chiedere, a chissà chi, di spiegare qualcosa che, già in partenza, non nasce per essere spiegato. Casomai, se letto, solo sentito dal lettore. Un saluto
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Lorenzo Tosco
- 01/11/2018 15:50:00
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Tre ironiche quartine dellamico Antonio Teracciano, che io, seguendolo nel suo mascherato sarcasmo, mi permetto di ... "contestare". Egli finge di ammettere di pensare che (ma cè un forse), quel marasma a volte di concetti incompremsibili siano chiari solo nella mente di chi ha vergato quella evanescente fantasia, che andrebbe almeno spiegata in una opportuna nota. Però, dico io, come fa a spiegarla se non lha capita nemmeno lui e non sa interpretare neppure lui quello che ha scritto? E io e Antonio, dopo la mia apparente contestazione iniziale, veniamo ad un punto finale di pieno accordo. Se anche quellermetico poeta ha sul momento (aggiungo io un forse) creduto di esprimere un sentimento, cioè un concetto, qualora, dopo del tempo, rileggesse il suo capolavoro ...non ci capirebbe nulla neppure lui!!! Siamo arrivati alla medesima duplice consclusione.
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